La storia di Abu: accolto in Italia come rifugiato politico, adesso accoglie i turisti in albergo a 4 stelle

Cadere e rialzarsi, mai arrendersi. Tre parole per riassumere la storia di Abubakar Omar Aboelkasem da tutti chiamato affettuosamente Abu, rifugiato politico del Sudan di 36 anni, arrivato in Italia nel 2011 per fuggire dalla guerra e concedersi un’altra possibilità.

Rifugiato politico e accoglienza alberghiera
Abu, Facchino – FH55 Grand Hotel Mediteraneo

Profondi occhi neri, un leggero sorriso e tanta voglia di ricrearsi una vita, Abu oggi vive a Firenze e da tre anni lavora come facchino a FH55 Grand Hotel Mediterraneo.
“Prima di arrivare in Italia, ho fatto tappa in Ciad e Libia, dove con un barcone insieme ad altri 800 profughi sono partito per Lampedusa. Essere costretto a lasciare tutto e arrivare in un nuovo paese senza un soldo né un lavoro non è stato facile. Nonostante le difficoltà, ho trovato delle persone che mi hanno dato una mano”.

Abu entra in contatto con la cooperativa Il Cenacolo, che si occupa di aiutare i rifugiati politici a integrarsi nella società, attraverso percorsi formativi e di inserimento lavorativo.
Maura Carmagnini, governante dell’hotel spiega: “Collaboriamo con Il Cenacolo da 5 anni. La cooperativa si occupa della prima selezione dei candidati, dopo di che organizziamo un incontro d’orientamento in albergo, dove spieghiamo nel dettaglio mansioni, turni e regole di lavoro”.

Rifugiato politico e formazione in azienda
Maura, Governante – FH55 Grand Hotel Mediterraneo

“Per i candidati idonei inizia poi un corso di formazione in albergo, dove il nostro personale interno fa lezioni in aula, accompagnate da attività pratiche. Successivamente attiviamo il tirocinio, durante il quale il candidato deve imparare a gestire un turno di lavoro in completa autonomia. Per i più adatti e motivati parte poi l’assunzione”.
Questo è proprio il percorso che ha fatto Abu all’interno dell’albergo, fino a diventare a tutti gli effetti parte dello staff dei facchini.
“Inizialmente – racconta Abu – non è stato facile, ho dovuto imparare tante cose nuove, ma con il tempo ho acquisito esperienza, migliorandomi sempre di più. Il lavoro di facchino mi piace, prevede molte mansioni diverse”.

Quest’esperienza di lavoro ti ha aiutato nel processo di integrazione?

“I miei colleghi sono gentili, in caso di dubbi o difficoltà tutti mi hanno sempre aiutato. Proveniamo da paesi diversi, parliamo lingue differenti, abbiamo storie uniche, ma siamo tutti uguali. Ci supportiamo a vicenda, dove non arriva uno, arriva l’altro. Stare qui per me è un po’ come essere in una grande famiglia”.

Cosa significa per te accoglienza?

“Sette anni fa sono stato accolto in Italia e ho iniziato una nuova vita. Adesso uno dei miei compiti è accogliere gli ospiti e cercare di farli sentire a casa, proprio come mi sento io quando sono in quest’albergo”.
Da sempre la vocazione di FH55 Grand Hotel Mediterraneo è l’accoglienza da tutti i punti di vista. Da qui la volontà d’impegnarsi in un progetto etico, con l’obiettivo di diffondere un comportamento socialmente responsabile a collaboratori, clienti e a tutta la collettività.
“Attualmente, tramite la cooperativa – spiega Maura – abbiamo inserito in albergo una decina di ragazzi che hanno richiesto asilo politico nel nostro paese, ma ne abbiamo formati molti di più, che adesso lavorano in altri hotel della città. La parte più bella del mio lavoro è la riunione con lo staff dei facchini: tanti volti per altrettanti paesi e storie diverse. È proprio questa diversità di sfumature che ha creato un’unione forte”.

Uno dei nuovi claim del logo FH55 è FOR HUMAN, due parole che dimostrano proprio l’inclinazione all’accoglienza, non solo verso i clienti, ma di tutte le persone. Un claim che esprime i valori in cui si rispecchia il gruppo alberghiero: uguaglianza, rispetto, etica.
“Tutti noi siamo coinvolti nel progetto e devo dire che ci ha portato un arricchimento umano incredibile. Avere l’opportunità di trasmettere la nostra professionalità a chi deve integrarsi in una nuova società, non si limita banalmente ad insegnare un lavoro; è un aiuto per diventare autonomi, emancipati e far sbocciare sogni e progetti, come quello di Abu che all’inizio era costretto a dormire nel giardino del Lungarno del Tempio e oggi può permettersi una casa in affitto”.
“I miei progetti per il futuro? -risponde Abu – continuare a lavorare qui e migliorarmi professionalmente. Anche per questo continuo a studiare per perfezionare la lingua italiana e inglese”.

 

Francesca Pallecchi
Redattrice

Tra un post e l’altro mi diletto con qualche concertino, un buon libro e un pizzico di meditazione. Ma niente mi rende più felice di viaggiare per il mondo zaino in spalla. Il mio motto è: l’importante è partire!

 

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